II gesto di Gesù, narrato dal vangelo di questa domenica, nella liturgia, si attualizza in un gesto compiuto nella Chiesa per l’iniziazione dei catecumeni. Nel rito del Battesimo, infatti, attualmente in vigore, il gesto dell’effatà è stato portato alla fine, tra i segni di conclusione e di augurio. Mentre tocca le orecchie e la bocca del battezzando, il celebrante dice: «II Signore Gesù, che fece udire i sordi e parlare i muti, ti conceda di ascoltare presto la sua parola e di professare la tua fede a lode e gloria di Dio Padre». È proprio dallo stretto legame che sussiste tra la Parola di Dio e la liturgia che scaturisce tutta la grazia per la vita della parrocchia. È l’autorità della Parola di Dio il fondamento dell’efficacia dei sacramenti. La fede nasce dall’ascolto. La legge di Dio ha la sua origine dall’ascolto della voce del Signore. E come Mosé riceve la legge dello shema-ascolta Israele, così il profeta Elia riconosce la voce del Signore in un silenzio leggero.
È ovvio che qui non si tratta di un ascolto semplicemente materiale, ma di un ascolto sensibile che è il frutto di un’anima desiderosa di entrare in comunione con il Signore. Anche nel battesimo del Signore Gesù e nella sua trasfigurazione si ode la voce del Padre dal cielo che dice per mezzo dello Spirito: “Questi è il mio Figlio Unigenito, nel quale mi sono compiaciuto, ascoltatelo”. L’ascolto della parola da parte di Maria Santissima è così perfetto che nel suo grembo verginale la Parola eterna che è il Verbo si fa carne.
In questo giorno il Signore Gesù ci esorta ad esaminare la nostra coscienza proprio sulla capacità di ascolto. Il nostro cuore è realmente sintonizzato sull’ascolto, e sull’ascolto della Parola di Dio? L’anno sacerdotale che stiamo vivendo è un anno profondamente propizio proprio perché ci permette di riflettere attentamente sull’identità del ministero del prete, e del parroco nello specifico, al quale sono affidati i doni di Dio per l’edificazione del suo popolo: nel rito d’ingresso che abbiamo appena celebrato infatti si è dato risalto alla Parola di Dio, in primo luogo, che ci introduce a comprendere l’importanza della celebrazione dei sacramenti, segni efficaci e simboli reali dell’amore di Cristo per la nostra vita nella misura in cui effettivamente mettiamo la nostra vita in sintonia con la voce dello Spirito Santo.
Con ogni probabilità il contesto culturale nel quale viviamo oggi è proprio quello nel quale rischia di venire a mancare l’elemento principale, prioritario e primordiale dell’ascolto. Mettersi in ascolto significa dare tempo, dedicare tempo, donare tempo, ordinare il tempo personale, familiare, ecclesiale e sociale in base a priorità motivate da scelte concrete.
Carissimi parrocchiani e tutti quanti siamo qui intervenuti oggi, diamoci tempo. Diamo tempo innanzi tutto al Signore, e il Signore farà fruttare il nostro tempo ben di più e meglio degli investimenti che noi riterremmo i più vantaggiosi. Dando tempo al Signore nell’ascolto della Parola, nella celebrazione eucaristica, nell’adorazione eucaristica, nella partecipazione alla vita della parrocchia non solo affineremo il nostro udito ma anche la nostra capacità di comunicare il Vangelo in questo mondo che cambia e che interpella profondamente come Chiesa non solo a causa della crisi economica, ma più radicalmente ancora della crisi educativa che stiamo attraversando. E’ solo dall’ascolto dello Spirito Santo che si può passare dalla Babele della discordia alla sinfonia della verità della Pentecoste. È solo la soprannaturale imprevedibilità e fantasia dello Spirito Santo a darci i criteri per rimanere fedeli al Vangelo, all’autentica tradizione della Chiesa, non ultima a quella che ci arriva anche attraverso il suo magistero sociale e sulla persona umana.
Se vogliamo essere veramente capaci di trovare soluzioni nuove ai nuovi problemi di oggi, che ci richiedono di elaborare risposte e linguaggi nuovi, senza rimanere nel contempo vittime di un inseguimento vano della moda all’ultimo grido, questo è possibile solo nella misura in cui, come ci ricorda il santo curato d’Ars, sappiamo metterci con la semplicità dell’agricoltore davanti al tabernacolo ed in silenzio sentire su di noi lo sguardo di Cristo e a questo sguardo corrispondere affidando completamente nelle sue mani le nostre volontà, per il bene delle nostre famiglie. Se dall’ascolto del Signore sapremo trarre quella docilità che ci permette di far sì che sia lui ad agire attraverso di noi che siamo la sua Chiesa, allora la comunicazione con la società di oggi non sarà conflittuale bensì proficua e feconda, così da rendere possibile per noi, nel dialogo, l’annuncio e la testimonianza della fede e nel contempo così da rendere possibile l’edificazione di una società globale più giusta, dove, come ci ricordano anche le prime due letture, è la predilezione del Signore per gli ultimi, i più poveri, che per lui sono i primi, che porta a riconoscere che il bene più prezioso che abbiamo è la dignità che tutti ci accomuna: quella di creature redente e di figli di Dio amati appassionatamente e incondizionatamente dall’unico Padre che tutti ci rende fratelli, nella personalità, originalità e nei talenti e carismi propri di ciascuno. San Ruffino, San Geminiano e tutti i santi intercedano per noi, perché anche attraverso questa eucaristia, possiamo giungere insieme al banchetto delle nozze eterne.
Desidero ringraziare in modo particolare Monsignor Arcivescovo [Benito Cocchi] per la fiducia che mi ha accordato designandomi come parroco di Portile. Salutando in questi giorni la parrocchia della Madonnina e di Freto mi sono sentito rivolgere dai giovani in particolare un segno di affetto che a mia volta faccio mio e porgo all’Arcivescovo. I parrocchiani della Madonnina mi hanno detto che la mia partenza offre loro la possibilità di far fruttificare tutti i semi che ho seminato in questi anni con loro. Per questo con loro prego. All’Arcivescovo che mi ha ordinato sacerdote desidero dire che la sua fiducia nei miei riguardi cercherò di spenderla con tutte le mie energie perché i frutti del ministero qui a Portile siano certamente offerti al Signore, ed in questa offerta siano anche il ringraziamento a colui che è il padre ecclesiale e sacramentale del mio sacerdozio. In questo grazie c’è tutto il grazie al Signore che mi ha dato la vita e la vocazione all’ordine sacro, in questo grazie c’è tutto il grazie alla mia famiglia, a tutta la mia famiglia, ai miei confratelli, a tutti i miei confratelli, sia quelli qui presenti che quelli che non sono qui fisicamente ma certamente sono uniti a noi nella preghiera in questo momento. In questo grazie, infine, c’è tutto il grazie a coloro che mi hanno fatto del bene e alla parrocchia di Portile che oggi mi accoglie. Questo grazie si fa preghiera, si fa eucaristia perché il Signore ci aiuti ad essere fedeli alla sua volontà.