Il sesto senso dei cinque sensi è la sensibilità dell’anima
I santi segni della liturgia
Quando viene proclamato il Vangelo – oggi, ad esempio, abbiamo ascoltato il Vangelo di Marco – il sacerdote dice: «Il Signore sia con voi» e il popolo risponde: «E con il tuo spirito»; poi il sacerdote prosegue dicendo: «Dal Vangelo secondo Marco» e il popolo risponde con: «Gloria a te o Signore», facendosi anche tre segni di croce: uno sulla fronte, uno sulla bocca e infine sul cuore. Facciamo questo perché desideriamo esprimere che vogliamo che la Parola di Dio si imprima in noi, ossia che la nostra vita sia “timbrata” dalla Parola di Dio. In questi segni sacramentali è implicato il senso del tatto e il senso del gusto.
L’imprimersi della Parola nel nostro cuore
Voi potreste dirmi che quando si parla si dicono tante cose, lo dice anche il proverbio: «Verba volant, scripta manent», le parole volano; il nostro corpo invece è qualcosa di concreto, di reale. Ma, siccome noi siamo convinti che non c’è più nulla di reale della Parola di Dio, ecco che diciamo che anche se la Parola di Dio la vediamo invisibile – ossia, come dice Platone, “vedere l’invisibile” – ad un certo momento per noi è così importante, è così vera, è la bussola della nostra vita che la vogliamo pensare con il cervello, la vogliamo ri-esprimere con le nostre labbra, la vogliamo portare nel nostro cuore, come il tesoro più prezioso che abbiamo. Nel vedere l’invisibile è implicato ancora il senso dell’udito, oltre il senso dell’udito e quello della vista, senza dimenticare che le parole volano nell’aria che veicola odori e profumi che recepiamo col senso dell’olfatto.
L’eccomi di Maria Santissima
La prima che ha vissuto così è proprio Maria Santissima, quando l’Angelo le ha detto: «Guarda che tu diventerai la madre del Figlio di Dio». Lei rispose: «Com’è possibile?». Quando Gesù diventò più grande come voi andava a catechismo, frequentava il Tempio, le uniche marachelle che faceva era che pregava troppo! Stava là, voleva imparare la Sacra Scrittura così tanto che non riuscivano a portarlo fuori dal tempio e alla fine era lui stesso che la insegnava agli altri. Anche noi vogliamo portare la Parola di Dio nella nostra vita. Siccome quasi tutti noi siamo stati battezzati quando eravamo piccoli (potete chiedere al vostro papà o alla vostra mamma), quando siamo stati accolti all’ingresso della Chiesa il presbitero ci ha fatto per primo il segno della croce sulla fronte, seguito in questo gesto dal papà e dalla mamma e anche dal padrino e dalla madrina. Qualcuno potrebbe dire che, parafrasando una canzone di De Gregori: «non è da questi particolari che si giudica un Sacramento»; invece è proprio da questi particolari che noi riusciamo a comprendere che cosa siamo venuti a fare in Chiesa questa mattina. Tutti i sacramenti della Chiesa veicolano l’invisibile grazia mediante ogni senso del corpo umano.
Lasciare le nostre sicurezze
Bartimeo. Vi è mai capitato – forse qualcuno di voi c’era domenica scorsa e ha ascoltato la testimonianza di Don Graziano – di incontrare in stazione dei treni, o in aeroporto, o da qualche altra parte delle persone che dormono per strada? Ecco Bartimeo era uno così. E se voi guardate quelle persone che dormono lungo la strada – che noi con una parola francese chiamiamo clochard, in italiano, un po’ meno elegantemente, barboni – girano portandosi dietro un carrellino, in cui c’è tutto il loro “appartamento”. Ecco Bartimeo non aveva il carrellino, ma il suo “appartamento” era il suo mantello: aveva solo quel mantello. Era un mendicante, chiedeva l’elemosina – vi è mai capitato di andare a Modena o a Bologna c’è qualcuno che gira con un piccolo sacchetto o dei sottovasi che chiede l’elemosina – Bartimeo faceva quella cosa lì. Il senso del mantello e il senso dell’elemosina definsicono rispettivamente il senso della nostra sicurezza e il senso della nostra precarietà. Ecco il senso della vita umana senza Dio, una precaria sicurezza, la quale altro non è se non una infinita insicurezza.
Metterci tra le braccia del Dio affidabile
Ad un certo momento sente che stava passando Gesù, senza dubbio si sarà ricordato che nell’Antico Testamento (all’epoca c’era una conoscenza della Parola di Dio che oggi noi, nell’epoca post-moderna non abbiamo più, e qui ci sarebbe tutto il tema delle digital humanities) c’è il passo del profeta Geremia (che abbiamo ascoltato nella prima lettura) e che dice: «Io sono un Padre per Israele. Riconduco dalla terra del settentrione e raduno dall’estremità della terra il cieco, lo zoppo, la donna incinta e la partoriente». Quindi Bartimeo ha detto: «Ma qui sta passando Gesù!». Altro che il personaggio dello spettacolo o del calcio eccetera (non faccio nomi così rispettiamo la par condicio). Avrà pensato Bartimeo: «Sta passando Dio in persona nella mia vita». Lui cosa fa? Va da Gesù. O meglio vorrebbe andare da Gesù ma si vergogna e sa che l’unica cosa importante da chiedere a Gesù è il suo amore, ma soprattutto: qual è la forma dell’amore che Bartimeo sa di dover ricevere da Gesù, di cui lui ha più bisogno?
L’uomo è un mendicante di senso, e lo riceve mentre lo dona.
Voi mi potreste dire che “c’è più gioia nel dare che nel ricevere”. Ci avete mai fatto caso che quando noi dobbiamo prestare una gomma o una matita diciamo: «Beh, un attimo, tu in cambio che cosa mi dai? Poi adesso vedo, decido io perché il potere ce l’ho io, quindi adesso vedo». Ci sentiamo importanti quando abbiamo qualcosa da dare agli altri perché gli altri ce lo chiedono e ne hanno bisogno. Quando invece si tratta di andare a chiedere una gomma o una matita proviamo tutti un po’ di vergogna: «Accipicchia guarda me la sono dimenticata a casa» oppure, peggio ancora, può anche darsi che ci possano essere alcuni che non abbiano i soldini per comprarsi una gomma o una matita. Non voglio ripetere i messaggi che ci ha dato Don Graziano domenica scorsa. Quando siamo noi a dover chiedere qualcosa agli altri proviamo vergogna. Bartimeo sa che lui da Gesù ha bisogno, prima di tutto, del suo perdono, della sua misericordia. Non perché lui abbia fatto chissà quali cose peggiori degli altri, ma perché lui è nella condizione di non poter far finta di non aver bisogno dell’amore di Gesù. Il senso della vita umana non sta nel ritenere che la pienezza del suo senso sia nel non aver bisogno di nulla, tanto che ci fa senso qualsiasi condizione di vulnerabilità. Il senso della vita umana è non smettere mai di cercarlo, proprio lui, il senso.
C’è più gioia nel riconoscersi bisognosi piuttosto che nell’illusione di non dover chiedere mai
E quindi ecco che noi ci rendiamo conto che è vera la beatitudine di Gesù: «Beati i poveri perché erediteranno il Regno dei cieli». Con la differenza che Matteo dice: “Beati i poveri in spirito” e Luca: “Beati i poveri”. Le persone che ha intorno invece vogliono far tacere Bartimeo: «Tu devi stare zitto, non devi disturbare Gesù, non devi andare in Chiesa a fare delle cose sbagliate, non devi pregare in modo sbagliato, non devi disturbare Dio. Devi lasciarlo stare Dio, perché Dio non ha bisogno di noi, e Lui sta bene anche senza di noi». È proprio quello che il Signore ci chiede di non fare nella vita della Chiesa, di non mettere la polvere sotto il tappeto. Vi è mai capitato che vi suonano il campanello e voi non avete messo a posto la camera, il salotto, eccetera? Per il papà e la mamma è sempre tutto in ordine, ma viene un vostro amichetto e voi non avete preparato il gioco da fare – anche se adesso i giochi di società non si fanno più o addirittura adesso nessuno va più a casa di un altro perché siamo tutti connessi con i video e le varie modalità in cui ciascuno sta a casa sua e siamo tutti comunque connessi e non ci si incontra più – mettiamo tutto sotto il tappeto, o dentro gli armadi con grande disordine.
La Chiesa con la porta sempre aperta, che non si vergogna della sua umanità
Alle volte, nella Chiesa, noi abbiamo il pericolo di commettere questo sbaglio, di non voler vedere le fragilità degli altri e anche le nostre. Perché abbiamo tutti bisogno di essere aiutati, non c’è nessuno che non abbia bisogno di aiuto. Bartimeo ha un grande coraggio. È come se dicesse: «Non facciamo finta che non abbiamo bisogno di essere aiutati, quando soprattutto sta passando colui che ci può dare quello che nessun uomo al mondo, nessuna donna al mondo, nessuna creatura al mondo ci può dare», cioè Gesù stesso. Quindi Gesù ci dice di non essere persone che zittiscono gli altri. Infatti, la folla che seguiva Gesù e i suoi discepoli rimproveravano Bartimeo perché tacesse. Noi non possiamo zittire i bisogni delle persone, i dolori delle persone, le esigenze delle persone, le necessità delle persone. Se la Chiesa zittisce mette il silenziatore ai problemi esistenziali delle persone è come se volesse far tacere Gesù, facendo finta che non ci siano problemi che invece ci sono. Questa è la vera cecità spirituale più profonda e grave di quella fisica. E alla fine Gesù si accorge di Bartimeo.
La sensibilità dei sensi per il senso della sensibilità spirituale
Quanti sensi abbiamo noi nel corpo? Quanti sono i sensi? Cinque: il primo senso, quello che manca a Bartimeo, la vista; secondo senso il tatto, cioè quando tocchiamo le cose; terzo senso l’olfatto, cioè quando sentiamo il profumino della pizza che ci hanno preparato per la merenda. L’udito e poi c’è un altro senso, quello del gusto. Non è sufficiente l’olfatto: non è che con il naso io mi mangio la pizza, meglio mangiare con la bocca la pizza. Bartimeo dice: «Io sui cinque sensi ne ho uno che non funziona, però gli altri funzionano». Infatti, che cosa fa? Grida con la sua voce, perché vuole farsi ascoltare. E poi va da Gesù e gli chiede di vedere di nuovo. E Gesù secondo voi gli dice: in base al fatto che tu sei andato a farti togliere la miopia in un qualche centro specialistico, con l’operazione al laser, io ti restituisco la vista? In base al potere della medicina, che è un grande dono che Dio ha fatto all’umanità? Che cosa gli dice Gesù a Bartimeo? Sei stato salvato perché ti ho dato un collirio speciale? Gli dice che lui è stato salvato, non solo guarito. «La tua fede ti ha salvato».
Vedere l’invisibile è il sesto senso
Voi potreste pensare che adesso non c’è più bisogno di andare da Gesù a chiedere di essere miracolati – come facevano o fanno le persone che vanno in pellegrinaggio a Lourdes e chiedono il miracolo a Santa Bernardetta per la sua intercessione (perché il miracolo lo fa Dio e non i santi) – perché abbiamo la medicina, perché abbiamo la chirurgia, quindi non abbiamo più bisogno di andare a Messa, non serve più credere, non serve più pregare. Quindi finiamo la Messa qui e non facciamo più catechismo e andiamo tutti a giocare. Potrebbe essere un’idea interessante. Vedo che i vostri occhietti si illuminano d’immenso – come direbbe Ungaretti; non è così. Perché non è così? Perché Gesù ci ricorda – voi avete sicuramente letto il Piccolo Principe che ormai conoscete più della Bibbia –: «Non si vede bene che con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi», senza tra l’altro sapere che lui non fa altro che ripetere quello che dice Platone. Ci sono delle cose che gli occhi del corpo non vedono e la vista che Gesù dà a Bartimeo è la capacità di amare, perché, prima di tutto, ha scoperto di essere amato, cioè che le persone non gli hanno detto: «Te stai fuori dalla Chiesa perché puzzi, o perché ne hai fatte troppe questa settimana e non sei degno di andare a Messa». No! Proprio perché ne hai combinate tante hai più bisogno dell’amore di Gesù che non lo nega a nessuno. Quindi la fede è insostituibile, la fede è essenziale, la fede non si può cambiare con nient’altro, anche se sono tutte cose buone quelle con le quali noi, alle volte, penseremmo di poter sostituire la fede. La fede è insostituibile perché ci fa capire che il vero guarire non è soltanto la salute del corpo, ma la vita eterna.
Camminare umilmente con il nostro Dio
Io vi auguro e ci auguriamo tutti di vivere per centocinque anni, adesso che le aspettative di vita si sono innalzate sempre di più, ma prima o poi (e non voglio spaventare nessuno per carità di Dio), dovremo staccare il biglietto per un viaggio senza ritorno. E noi speriamo di prendere proprio una bella “Freccia Rossa” che va diretta in Paradiso (forse tra cinquant’anni faranno anche i cinquecento kilometri orari… adesso ce n’è già una che potrebbe fare questi chilometri in America). Chiediamo al Signore che ci aiuti a saper vedere, che guarisca la nostra cecità, che è quella di voler zittire i problemi nostri e degli altri, ma che ci aiuti a condividere le nostre fatiche e le nostre difficoltà e a saper riconoscere che solo Lui è il nostro Padre celeste, che ci guarisce da tutte le nostre paure e ci fa sperimentare la bellezza di vivere al meglio, proprio con la fede, i cinque sensi e la vita dell’anima.
Omelia XXX domenica del Tempo Ordinario Anno B